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SENTENZA CASSAZIONE, SEZIONI UNITE N. 38402 – OMICIDIO E STALKING

UDIENZA 15 LUGLIO 2021; DEPOSITO 26 OTTOBRE 2021


Con ordinanza n.14916 del 2021, la V Sezione penale della Corte di Cassazione, ravvisando l’esistenza di un contrasto interpretativo rimette una significativa questione di diritto alle Sezioni Unite, ossia: «Se, in caso di omicidio commesso dopo la esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall’agente nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., concorrano tra loro o sia invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma primo, c.p..».

Il recente contrasto interpretativo è generato da sole due opposte pronunce della Corte di legittimità, a meno di un anno di distanza l’una dall’altra, che sin da subito, a causa del crescente fenomeno dello stalking ha costituito il fulcro di numerosi dibattiti interpretativi.

La Prima Sezione della Corte di legittimità con sentenza n. 20786 del 2019, aveva accolto la tesi del concorso di reati, negando l’assorbimento del delitto di cui all’art. 612 bis c.p. “Atti persecutori” in quello di omicidio aggravato di cui all’art 576, comma 1, n.5.1. c.p.. Ad avviso della Prima Sezione condizione essenziale per riconoscere e ravvisare il reato complesso di cui all’art. 84 c.p. è l’elemento oggettivo, la condotta e non l’identità dell’autore dei due reati.

Il secondo orientamento nasce dalla pronuncia della Terza Sezione della Suprema Corte con la sentenza n. 30931 del 2020, che qualifica il reato di omicidio volontario un conseguente sviluppo delle condotte persecutorie e pertanto reato complesso. Ad avviso della Terza Sezione della Corte di legittimità il reato di stalking viene assorbito dal reato di omicidio aggravato non a causa dell’identità dell’autore ma poiché il delitto di cui all’art. 576 c.p. è preceduto da una condotta persecutoria della quale l’omicidio costituisce l’esito.

Le Sezioni Unite con sentenza n. 38402 del 2021, hanno affermato il seguente principio di diritto: «la fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma di delitto aggravato ai sensi degli artt. 575, 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen. – punito con la pena edittale dell’ergastolo – integra, in ragione dell’unitarietà del fatto, un reato complesso ai sensi dell’art. 84, primo comma, c.p..».

Prima di addivenire all'affermazione del summenzionato principio di diritto, gli Ermellini hanno preliminarmente operato una riflessione sulla necessità della coesistenza di diverse condizioni per la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 84 c.p., “reato complesso”. In primo luogo la circostanza aggravante del reato complesso deve avere ad oggetto “un fatto oggettivamente identificabile come tale”; in secondo luogo che il fatto di cui sopra sia previsto quale reato complesso "nella completa configurazione tipica" ed infine, in terzo luogo, che il fatto sia previsto dalla norma incriminatrice configurante il reato complesso "quale componente necessaria della relativa fattispecie astratta, non essendo rilevante l'eventuale ricorrenza nel caso concreto quale occasionale modalità esecutiva della condotta".

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